CORTE DEI CONTI 
           Sezione giurisdizionale regionale per il Lazio 
 
    Nella  persona  del  giudice  monocratico  Eugenio  Musumeci,  ha
pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio pensionistico iscritto
al n. 75827 del registro di segreteria della  Sezione,  riassunto  da
Tempesta Franco, nato a Roma il 2 marzo  1938  ed  ivi  residente  in
piazza  Stefano  Jacini  n.  26,  codice  fiscale   TMPFNC38C02H501X,
rappresentato e difeso dagli avvocati  Maria  Vittoria  Ferroni  (del
foro di Roma)  e  Laura  Casella  (del  foro  di  Velletri),  nonche'
elettivamente domiciliato a Roma in via di San Basilio n.  61  presso
lo studio del primo di tali difensori; 
    Contro Istituto nazionale della  previdenza  sociale  (INPS),  in
persona del presidente pro  tempore,  rappresentato  e  difeso  dagli
avvocati  Giuseppina  Giannico  e  Andrea  Botta  (entrambi  iscritti
nell'elenco  speciale  annesso  all'albo  degli  avvocati  presso  il
tribunale di Roma), nonche' elettivamente domiciliato a Roma  in  via
Cesare Beccaria n. 29 presso l'Avvocatura centrale INPS; 
    E contro Ministero  degli  affari  esteri  e  della  cooperazione
internazionale  (MAECI),  in  persona  del  ministro   pro   tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  nonche'
domiciliato a Roma in  via  dei  Portoghesi  n.  12  presso  la  sede
dell'Avvocatura stessa. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    1. Con ricorso notificato al  Ministero  degli  affari  esteri  e
della cooperazione internazionale (in sigla: MAECI) e all'INPS tra il
7 e il 9 maggio 2014, nonche' depositato presso questa Sezione il  29
di quello stesso mese, Franco Tempesta, cessato dal  servizio  presso
il MAECI il 31 marzo 2005 con il grado di ministro  plenipotenziario,
ha contestato la misura della pensione di vecchiaia attribuitagli. In
particolare l'odierno ricorrente,  evidenziando  di  aver  svolto  le
funzioni di vicedirettore generale per la  Cooperazione  economica  e
finanziaria multilaterale fino al 19 settembre 2001 e poi  quelle  di
ambasciatore a Citta' del Messico fino alla  su  menzionata  data  di
collocamento a riposo, ha sostenuto che l'indennita' di  posizione  a
cui avrebbe avuto diritto  sarebbe  stata  ben  piu'  elevata  (cioe'
oscillante fra i 31.000 e i 65.500 euro,  in  paragone  a  quella  di
13.277,56 euro che concretamente aveva percepito nelle  su  descritte
funzioni di ambasciatore) qualora, alla data del 31 marzo 2005 in cui
era stato collocato a riposo, egli avesse invece prestato servizio in
un ufficio centrale del MAECI a Roma. 
    Su tale presupposto logico il Tempesta, rilevando altresi' che la
carriera diplomatica implica necessariamente che  il  servizio  venga
svolto per taluni periodi all'estero e per  talaltri  in  Italia,  ha
lamentato (anche sulla scorta di  due  tabelle  di  comparazione  sia
della pensione sia della retribuzione spettanti per il  caso  in  cui
l'ultima sede di servizio fosse stata a Roma o,  invece,  all'estero:
all. 3 e 4 di parte  ricorrente)  che  il  trattamento  pensionistico
attribuitogli,  venendo  collocato  a  riposo  allorquando  risultava
assegnato ad  una  sede  estera,  era  stato  notevolmente  inferiore
rispetto a quello che altrimenti egli avrebbe conseguito: 
        qualora, al pari di altri ex colleghi,  nonche'  secondo  una
prassi adottata dal MAECI «... negli ultimi  anni...»  (pag.  16  del
ricorso), fosse stato chiamato a prestare servizio in  sede  centrale
finanche poco tempo prima della suddetta data di pensionamento; 
        ovvero nel caso in cui fosse stato  collocato  a  riposo  nel
settembre  2001  allorche',  essendo  appunto  in  servizio  a  Roma,
percepiva un'indennita' di posizione largamente  superiore  a  quella
poi goduta nel marzo 2005. 
    Conclusivamente il Tempesta  ha  domandato  che  l'indennita'  di
posizione da computarsi ai fini pensionistici gli venga riconosciuta,
in via principale, «... in misura pari a quella del personale di pari
grado e funzioni in servizio in Italia»: ossia avendo  riguardo  alla
posizione funzionale di rango piu' elevato o, in subordine, a  quella
di rango meno elevato  che  presso  l'Amministrazione  centrale  puo'
venir attribuita a «... funzionari dello  stesso  grado  di  ministro
plenipotenziario...»; ovvero, in via ulteriormente subordinata, nella
medesima misura «... che [egli] percepiva prima  della  partenza  per
l'estero...»  (pagg.  21  -  22  del  ricorso,   passim).   L'odierno
ricorrente ha altresi'  prospettato  un'eccezione  di  illegittimita'
costituzionale  del  primo  comma  dell'art.  170  del  decreto   del
Presidente della Repubblica  n.  18/1967:  qualora  interpretato  nel
senso che la «... misura minima...» dell'indennita' di posizione, ivi
sancita per il periodo in cui  il  rapporto  d'impiego  venga  svolto
all'estero, permanga tale anche ai fini pensionistici. 
    2. Con comparsa depositata il 16 ottobre 2014 si e' costituito il
MAECI, contestando la giurisdizione di  questa  Corte  in  favore  di
quella del giudice amministrativo;  nonche'  eccependo  l'estinzione,
per prescrizione, della pretesa del Tempesta. 
    Nel merito quella pubblica amministrazione ha evidenziato che per
il personale diplomatico  all'estero  l'indennita'  di  posizione  e'
dovuta nella misura minima, corrispondente alla c.d. parte fissa,  in
virtu' di un'espressa previsione di cui  al  decreto  legislativo  n.
62/1998 (che ha novellato il primo comma dell'art.  170  del  decreto
del Presidente della Repubblica n. 18/1967).  Il  MAECI  ha  altresi'
sottolineato che l'eventuale computo dell'indennita' di posizione  in
misura eccedente quella minima risulterebbe sfornito di contribuzione
previdenziale;  e   ha   rilevato   che   comunque   «...   ai   fini
previdenziali...» (pag. 13 della memoria)  verrebbe  computata  anche
una quota della c.d. indennita' di  servizio  all'estero  (in  sigla:
ISE),  della  quale  invece   non   fruirebbe   il   lavoratore   che
anteriormente al collocamento a riposo sia stato assegnato alla  sede
centrale. 
    3. Con comparsa depositata il 23 ottobre 2014  si  e'  costituito
anche l'INPS: eccependo a sua volta il difetto di giurisdizione della
Corte dei conti, vista l'assenza di una previa pronuncia del  giudice
amministrativo  sulla  spettanza  (quand'anche  per   un   brevissimo
periodo) dell'indennita' di posizione in misura  superiore  a  quella
minima;  nonche'  contestando,  in  via   subordinata,   la   propria
legittimazione passiva. 
    Nel merito l'ente previdenziale ha sottolineato l'inefficacia  di
eventuali statuizioni a valenza pensionistica, se non precedute dalla
condanna datoriale al pagamento dei previ importi retributivi; ed  ha
eccepito la prescrizione del diritto vantato dal Tempesta. 
    4.  Questi,  con  memoria  depositata  il  7  novembre  2014,  ha
insistito per l'accoglimento delle proprie domande: allegando  a  tal
fine una  certificazione  rilasciatagli  dal  MAECI  il  10  dicembre
dell'anno precedente, nella quale veniva  enunciato  in  qual  misura
divergesse  l'indennita'  di  posizione  spettante  ad  un   ministro
plenipotenziario, a seconda della circostanza  di  prestare  servizio
presso un ufficio diplomatico all'estero o invece nella sede di  Roma
(all. 1 alla suddetta memoria). 
    5. Con sentenza n.  820/2014  questa  Sezione  ha  dichiarato  il
difetto di giurisdizione  di  questa  Corte  sulla  domanda  attorea,
relativamente alla quale e' stato indicato  come  giudice  munito  di
giurisdizione quello amministrativo. 
    Tuttavia quella  pronuncia,  impugnata  dal  Tempesta,  e'  stata
riformata dalla Terza sezione giurisdizionale centrale d'appello:  la
quale, con sentenza n. 385/2017, ha  affermato  la  giurisdizione  di
questa Corte sulla pretesa attorea. 
    Il Tempesta stesso, con istanza depositata il 26 ottobre 2017, ha
quindi riassunto il giudizio: insistendo, anche mediante un'ulteriore
memoria depositata il 29 gennaio  scorso,  per  l'accoglimento  delle
proprie domande originarie. 
    Pur  regolarmente  evocato  in  giudizio,  non   e'   tornato   a
costituirsi il MAECI. Mentre l'INPS, con comparsa  depositata  il  16
gennaio 2018, ha insistito per il rigetto della pretesa attorea. 
    All'udienza del 5 febbraio 2018 la causa e' stata discussa  dalle
parti e, infine, questo giudice l'ha trattenuta in decisione. 
    6. Originariamente l'odierno  giudizio  e'  stato  proposto  dopo
l'entrata in vigore della legge n. 69/2009: il cui  art.  46  ha  tra
l'altro novellato il quarto comma dell'art. 307 c.p.c. nel  senso  di
consentire al  giudice  di  emettere  ex  officio  una  pronuncia  di
estinzione. Tale possibilita' impone dunque  di  verificare,  pur  in
assenza di un'eccezione in tal senso, se il giudizio stesso sia stato
tempestivamente riassunto. 
    Concretamente la sentenza  d'appello  in  tema  di  giurisdizione
risulta depositata il 31 luglio 2017, mentre l'atto  di  riassunzione
e' stato notificato alle parti  resistenti  il  25  ottobre  di  quel
medesimo anno e depositato  presso  questa  Sezione  l'indomani:  con
conseguente palese rispetto del termine di tre mesi sancito dal primo
comma dell'art. 50 c.p.c... 
    7. Acclarata ormai la giurisdizione di questa Corte  sull'odierna
domanda  attorea,  l'eccezione  di   prescrizione   sollevata   dalle
resistenti puo' semmai circoscrivere, sul piano temporale, il diritto
del Tempesta a differenze pensionistiche; ma non  gia'  elidere  tout
court  il  diritto  da  lui  rivendicato.  Mentre  l'assenza  di   un
provvedimento amministrativo da impugnare dimostra  l'irrilevanza  di
una pronuncia giudiziale sul  rapporto  d'impiego  e  la  conseguente
inesistenza  di  una  pregiudizialita'  amministrativa  nel  caso  di
specie. 
    8.  Nel  merito  l'indennita'   di   posizione   e'   determinata
contrattualmente con riguardo alla posizione funzionale rivestita  da
ciascun appartenente alla carriera diplomatica. 
    Nel caso di  specie  dal  curriculum  del  Tempesta  (all.  8  al
ricorso), le cui risultanze non sono state contestate dal  MAECI,  si
evince che gia' dal 1996 l'odierno ricorrente rivestiva il  grado  di
ministro plenipotenziario di prima classe; e  che  nel  gennaio  2000
egli era stato nominato vicedirettore generale  per  la  Cooperazione
economica  e  finanziaria  multilaterale.   Orbene   tale   posizione
funzionale, ai sensi del combinato disposto dell'art.  1  lettera  c)
del decreto MAECI n. 2069/2000 e nell'art. 20 comma 2 del decreto del
Presidente  della  Repubblica  n.  107/2006,  avrebbe  attribuito  al
Tempesta, qualora questi l'avesse rivestita alla data di collocamento
a riposo (31 marzo 2005), il diritto ad una retribuzione di posizione
pari a 31.000 euro annui. 
    Invece la successiva designazione  dell'odierno  ricorrente,  nel
settembre  2001,  quale  ambasciatore  in  Messico  aveva  comportato
l'applicazione del primo comma  dell'art.  170  del  gia'  menzionato
decreto del Presidente della Repubblica n.  18/1967:  il  quale,  nel
testo  risultante  dalla  novella  di  cui  all'art.  4  del  decreto
legislativo  n.  62/1988,  attribuisce  al  personale   in   servizio
all'estero «... l'eventuale indennita' o  retribuzione  di  posizione
nella misura minima prevista dalle disposizioni applicabili... quando
e' in servizio presso le rappresentanze diplomatiche...». Talche' nel
marzo  2005,  allorquando  il  Tempesta  svolgeva   ancora   funzioni
diplomatiche in  Messico,  la  retribuzione  di  posizione  risultava
spettargli nella ben piu' modesta  misura  annua  di  13.277,56  euro
sancita dal comma 3 del teste' menzionato art.  20  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 107/2006. 
    9. Su quest'ultima cifra  minima,  una  volta  ragguagliata  alle
tredici mensilita' annue, concordano perfettamente sia la tabella che
costituisce l'allegato 4 di parte ricorrente, sia  la  certificazione
rilasciata il 10 dicembre 2013 dal MAECI al  Tempesta  (acclusa  alla
memoria da questi depositata il  7  novembre  dell'anno  successivo).
Mentre l'entita' della retribuzione di posizione che  sarebbe  invece
spettata all'odierno ricorrente qualora avesse continuato a  lavorare
a Roma corrisponde, in quella medesima certificazione, alla posizione
funzionale di vicedirettore generale: ossia  alla  meno  elevata  tra
quelle che, ai sensi del quinto comma dell'art. 16  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 18/1967, possono venir  attribuite  ad
un ministro plenipotenziario. 
    La  reiterazione  del  su  descritto  squilibrio   sul   versante
pensionistico risulta altresi' confermata dalla  tabella  comparativa
che  costituisce  l'allegato  3  di   parte   ricorrente,   anch'essa
incontestata ex adverso: nella quale e' indicata  la  pensione  annua
lorda spettante al pensionato Italia (123.000 euro) e a quello estero
(93.000 euro). Da quella medesima tabella si appalesa, inoltre,  come
la discrasia quantitativa sia altrettanto grave pure per l'indennita'
di buonuscita: talche' non puo' nemmeno sostenersi  che  quest'ultima
vada  minimamente   a   bilanciare   la   sperequazione   sul   piano
pensionistico. 
    Neppure e' stata avversata  dal  MAECI  la  postulazione  attorea
secondo cui, in facto, rientrare in Italia finanche  poche  settimane
prima del collocamento a riposo avrebbe consentito al  Tempesta  «...
di fruire  di  un  completo  trattamento  pensionistico...  computato
sull'indennita' di posizione  nella  misura  massima»  (pag.  16  del
ricorso). 
    10.  Reputa  questo  giudice  che  tale  rilevante  sperequazione
(concettuale e quantitativa) tra un funzionario diplomatico che abbia
svolto a Roma l'ultima tranche del servizio presso il  MAECI  ed  uno
che invece abbia lavorato in una sede estera  quell'estremo  segmento
temporale, seppur legittima in costanza del rapporto  d'impiego,  non
sia  ammissibile  che  permanga  oltre  la  data  di   pensionamento:
allorquando ovviamente vengono a cessare  le  funzioni  sino  a  quel
momento esercitate, in Italia o all'estero, da  ciascun  appartenente
alla carriera  diplomatica.  Mentre  quel  che  viene  conservato  e'
soltanto il grado rivestito: tanto che il settimo comma dell'art. 101
del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967  consente  che
«... all'atto del collocamento a  riposo  puo'  essere  conferito  al
funzionario diplomatico, a titolo onorifico, il grado  immediatamente
superiore» a quello raggiunto in costanza di servizio. 
    Gia'  il  principio  di  unitarieta'  del  ruolo  della  carriera
diplomatica enunciato dal primo comma di quel medesimo art. 101 rende
evidente la totale  irragionevolezza  insita  nell'attribuire  a  due
appartenenti  alla  carriera  diplomatica  trattamenti  pensionistici
quantitativamente assai diversi semplicemente  in  relazione  ad  una
circostanza di fatto non piu' in  essere.  Analogamente  contrastante
con il fondamentale parametro di cui al  secondo  comma  dell'art.  3
della Costituzione sarebbe anche la sperequazione tra due diplomatici
gia' in servizio all'estero, qualora uno di essi  venisse  richiamato
presso l'Amministrazione centrale poco tempo prima del collocamento a
riposo,  in   prossimita'   della   conclusione   di   una   carriera
quarantennale (qual e' solitamente quella dei funzionari diplomatici,
come nel caso concreto del Tempesta: all. 8 al  ricorso),  e  l'altro
invece rimanesse a lavorare all'estero. 
    11. Sul piano  letterale  appare  poi  evidente  come  la  misura
normale della retribuzione di posizione coincida  con  quella  goduta
dal funzionario diplomatico che presti servizio in Italia:  deponendo
in tal senso sia il primo comma del gia' richiamato art. 170, laddove
considera la retribuzione di posizione spettante nel caso di servizio
all'estero come la «...misura minima...», anziche' quella  base;  sia
la normativa contrattuale: tra cui p.es. l'art. 20 comma 1  del  gia'
menzionato decreto del Presidente della Repubblica  n.  107/2006  che
rende applicabili, al funzionario diplomatico che presti servizio  in
Italia, «... le misure  della  retribuzione  di  posizione...»  senza
aggettivazione di sorta. Talche' logica vuole che, nel momento in cui
le  funzioni  diplomatiche   all'estero   cessano   in   virtu'   del
collocamento a riposo, ai soli fini del trattamento di quiescenza  la
retribuzione di posizione venga  automaticamente  ripristinata  nella
misura integrale attribuita a quel dato lavoratore avuto riguardo  al
grado da lui posseduto; nonche' alle funzioni che, in base  ai  grado
stesso e alla normativa richiamata ai precedenti  paragrafi  8  e  9,
sarebbero state a  lui  conferibili  permanendo  in  servizio  presso
l'Amministrazione centrale. 
    12. Inoltre la tesi secondo cui il piu' volte menzionato art. 170
vada  interpretato  nel  senso  di  veder   ripristinata,   ai   fini
pensionistici, la misura «italiana» della retribuzione  di  posizione
appare significativamente confortata dalla  lettera  a  del  comma  1
dell'art. 1-bis del decreto-legge n. 138/2011 (convertito dalla legge
n. 148/2011): norma che interpreta in via autentica l'art. 170 stesso
nel senso di escludere che l'indennita' integrativa  speciale  spetti
al dipendente del MAECI in costanza del servizio all'estero. Infatti,
nonostante tale previsione, l'indennita' integrativa  speciale  viene
comunque considerata nel trattamento di quiescenza  del  soggetto  la
cui ultima sede di  servizio  sia  stata  all'estero:  il  che  rende
inconferente al caso di specie la previsione generale di cui all'art.
43 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, a  mente
della  quale  rileverebbe   ai   fini   pensionistici   soltanto   la
retribuzione  materialmente  percepita.  Ma  allora,  alla   medesima
stregua, appare ovvio che debba tornare  ad  espandersi  alla  misura
normale anche l'indennita' di posizione, rispetto alla misura  minima
prevista durante il servizio all'estero. 
    Invece, ad avviso del  MAECI,  il  primo  comma  del  piu'  volte
richiamato art. 170 del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
18/1967 legittimerebbe il computo, nel trattamento pensionistico, del
medesimo importo di  retribuzione  di  posizione  fruito  da  ciascun
funzionario diplomatico anteriormente al  rispettivo  collocamento  a
riposo. In realta', pero', sul piano  squisitamente  testuale  quella
norma ha soltanto l'effetto di limitare alla misura minima il quantum
della  retribuzione  di   posizione   fintantoche'   il   funzionario
diplomatico presti servizio all'estero. 
    13. Priva di pregio e' anche l'argomentazione  difensiva  secondo
cui  la  sperequazione   pensionistica   in   commento   risulterebbe
giustificata dalla percezione  dell'ISE:  la  quale,  invece,  spetta
esclusivamente per il  periodo  in  cui  il  funzionario  diplomatico
presti servizio presso una  sede  estera.  Ovviamente,  quindi,  tale
diversa indennita' non viene affatto conservata nel  trattamento  di'
quiescenza; mentre e' rimasta totalmente  indimostrata  la  contraria
allegazione del MAECI. Il quale, oltretutto, ha  operato  un'evidente
confusione tra la parziale imponibilita' fiscale  dell'indennita'  de
qua, ex art. 51 comma 8 del decreto del Presidente  della  Repubblica
n. 917/1986, ed il suo inesistente  computo  ai  fini  pensionistici.
D'altronde a quest'ultimo proposito appare del tutto ovvio che  venga
esclusa l'ISE: perche' essa «...non  ha  natura  retributiva  essendo
destinata   a   sopperire   agli   oneri   derivanti   dal   servizio
all'estero...»;   e   perche',   inoltre,   «...tiene   conto   della
peculiarita' della prestazione lavorativa  all'estero...»  (art.  171
del decreto del Presidente della Repubblica n. 18/1967).  Invero  una
diversa eventualita' sottenderebbe, assurdamente, che lo  svolgimento
di  funzioni  diplomatiche   all'estero   si   protragga   oltre   il
collocamento a riposo. 
    Fallace si appalesa, infine, pure l'obiezione del  MAECI  secondo
cui  l'eventuale  computo  dell'indennita'  di  posizione  in  misura
eccedente quella minima  non  risulterebbe  preceduto,  nel  caso  di
specie, da alcuna contribuzione previdenziale: in contrario  bastando
considerare l'eventualita' in cui il Tempesta, al pari di altri  suoi
colleghi in servizio all'estero, fosse rientrato a prestare  servizio
a Roma p.es. un mese prima del collocamento a riposo. 
    14. In virtu' delle  molteplici  considerazioni  fin  qui  svolte
questo giudice, in una precedente pronuncia su  identica  fattispecie
(sez. Lombardia sentenza  n.  53/2016,  invocata  anche  dall'odierno
ricorrente), era pervenuto ad  un'interpretazione  costituzionalmente
orientata del primo comma dell'art. 170 del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 18/1967:  reputando  che  la  misura  minima  ivi
sancita per  la  retribuzione  di  posizione  valesse  esclusivamente
durante il periodo di servizio all'estero del personale  diplomatico.
E che, invece, il trattamento pensionistico andasse determinato sulla
base  della  fictio  iuris  costituita  da  un  rientro  a  Roma  del
diplomatico stesso in coincidenza con la data di suo  collocamento  a
riposo: con conseguente attribuzione, ai soli fini pensionistici, del
complessivo trattamento economico a cui egli  avrebbe  avuto  diritto
prestando servizio a quella medesima data presso la sede centrale. 
    Tuttavia tale linea interpretativa appare  oggi  frustrata  dagli
unici due precedenti giurisprudenziali che, a causa del dubbio  sulla
giurisdizione che la Suprema Corte ha dipanato nell'odierno  giudizio
(e che invece, prima dell'ordinanza n. 14795/2016, aveva quasi sempre
indotto il giudice contabile a declinare la propria giurisdizione  in
casi analoghi), appaiono rinvenibili in punto  di  merito:  ossia  la
sentenza n. 244/2015  di  questa  Sezione,  nonche'  la  recentissima
sentenza n. 112/2017 della Seconda sezione  giurisdizionale  centrale
d'appello (con la quale, anzi, e' stata  annullata  la  pronuncia  n.
53/2016 poc'anzi richiamata). In ambedue tali decisioni il rigetto di
domande analoghe a quella odierna e' stato motivato con  un  laconico
richiamo alla normativa  generale,  a  cominciare  dall'art.  43  del
decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  1092/1973:  norma  che
pero', se non osta al computo  dell'indennita'  integrativa  speciale
(benche' non percepita durante il servizio all'estero), del pari  non
puo' precludere al funzionario diplomatico  che  fino  alla  data  di
collocamento a riposo abbia  lavorato  all'estero  il  computo  della
retribuzione di posizione nell'identica misura prevista  per  il  suo
collega che abbia raggiunto quella medesima data  prestando  servizio
presso la sede del MAECI a Roma. 
    Nondimeno  deve  qui  prendersi   atto   di   tale   orientamento
giurisprudenziale, enunciato oltretutto in grado  d'appello.  Talche'
risulta inevitabile sollevare dinanzi alla Consulta la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 170 del decreto del  Presidente
della Repubblica n. 18/1967,  per  contrasto  con  il  secondo  comma
dell'art.  3   della   Costituzione:   siccome   interpretato   dalla
giurisprudenza prevalente nel senso di prevedere che,  nei  confronti
del soggetto appartenente alla carriera  diplomatica  il  quale  alla
data di collocamento a  riposo  risulti  assegnato  ad  una  sede  di
servizio  all'estero,  ai  fini  pensionistici  la  retribuzione  di'
posizione venga computata soltanto nella «...misura  minima  prevista
dalle disposizioni applicabili...», anziche' in misura  correlata  al
grado rivestito da quel medesimo  soggetto  e  alle  funzioni  a  lui
conferibili avuto riguardo al grado stesso.